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Dopo diversi anni, con piacere sono riuscito a recuperare il  vecchio blog ,spero di recuperare anche le tantissime foto, e di arricchirlo come in passato, anche alla luce delle modifiche intevenute sulla rete. Certamente dopo due anni di assenza, quest’ anno a Novembre, non mancheremo all’ appuntamento a Zaragozza alla Virgin del Pilar.  Nell’ attesa PACE E GIOIA FRATELLIzaragoza_pilar1

“Sei amico della pace? Allora sta’ interiormente tranquillo con la tua amata. ‘Così – dirai – non c’è da far nulla?’. Certo che hai qualcosa da fare: elimina i litigi. Volgiti alla preghiera. Non respingere dunque l’ingiuria con l’ingiuria ma prega per chi la fa. Vorresti ribattere, parlare a lui, contro di lui. Invece parla a Dio di lui. Vedi che non è esattamente il silenzio che t’impongo. Si tratta di scegliere un interlocutore diverso; quello al quale tu puoi parlare tacendo: a labbra chiuse ma col grido nel cuore.”

(Sant’Agostino d’Ippona).

PADRE ANTONIO DI MONDA

Dal 10 Agostro 2011 al 30 Agosto 2011,  sono aperte le prennotazioni per l’ annuale viaggio a Saragozza che avra luogo come di consueto dal 17 al 19 novembre 2011.  Alfine di evitare aggiunte e cancellazioni, per l’ hotel è tassativa la prennotazione nei termini. Pace e Gioa.

La purezza del diavolo

Il primo avversario della Chiesa non è l’ateo», perché Satana non dubita di Dio né della sua dottrina. Intervista a Fabrice Hadjadj

diRodolfo Casadei

Conosce alla perfezione le verità della dottrina cristiana e non ne dubita. È perfettamente casto e non ha mai commesso un peccato di lussuria in vita sua. Dona gratuitamente del suo senza esigere contropartite materiali. Eppure è il nemico assoluto di Dio e dell’uomo, menzognero, omicida e tessitore di inganni. È il diavolo, l’angelo ribelle. Questo ritratto geniale e sconcertante di Satana si trova nelle pagine di La fede dei demoni, l’ultimo libro di Fabrice Hadjadj tradotto in italiano (da Marietti).
Lo scrittore francese parte di qui per sviluppare una tesi suggestiva: l’ateismo e i peccati della carne, frutto dell’ignoranza e della debolezza umana, non sono i mali peggiori. Molto più gravi per le loro conseguenze sono gli spiritualissimi peccati propri del diavolo, soprattutto quando vengono compiuti dai cristiani: superbia, invidia, odio e disprezzo, vizi dello spirito, sono la base delle più grandi sciagure e di permanenti divisioni fra gli uomini. Per questo il diavolo li ispira continuamente. Dopo l’estate italiana dei giudizi sprezzanti distillati da tribune cristiane, delle gare di purezza e di sputtanamenti fra politici, difficile dare torto ad Hadjadj. Il quale indica anche la strategia per respingere l’assalto diabolico: affidarsi all’incarnazione, cioè alla carne di Cristo e alla carne di Maria, prefigurata nel Genesi come la donna che senza sforzo o paura schiaccia il serpente demoniaco sotto il proprio tallone. Contro ogni superbia, imparare da Maria l’apertura alla Grazia. Perché Maria è accoglienza della Parola di Dio che si fa carne, mentre il diavolo è il contrario dell’accoglienza. È orgoglioso, trae tutto da sé e non vuole ricevere.


Fabrice Hadjadj, il diavolo non è ateo, e perciò, lei dice, l’antitesi fondamentale non è quella fra teismo e ateismo, ma quella fra conoscenza e riconoscimento di Dio. Cosa vuol dire?
Anzitutto va notato che il primo riconoscimento di Gesù Cristo come figlio di Dio nel Vangelo non è quello di san Pietro o degli altri apostoli, ma dell’indemoniato di Cafarnao. Nella sinagoga di quella città un indemoniato incontra Gesù e il diavolo che possiede quell’uomo dice: «Io so chi sei tu, il Santo di Dio». Notare questo ci obbliga a rimetterci in discussione, perché forse non abbiamo le idee chiare sull’identità del nemico radicale e della natura della vera lotta: che non è quella contro l’ateo o il libertino, ma contro un’intelligentissima creatura spirituale. Un puro spirito, ovvero uno spirito impuro che è puro spirito. Pertanto non sarà appellandosi alla mera spiritualità che lo si potrà affrontare: quella è una specialità del demonio, che ha per progetto di ridurre il cristianesimo a uno spiritualismo. Lo scopo del mio libro non è soltanto di ricordare che la fede non è mera conoscenza, ma è riconoscimento che anima il cuore; è anche ricordare che la fede non è evasione in un mondo etereo, ma incarnazione. Dio ha voluto donarci la sua Grazia attraverso la carne, ed è nella carne e attraverso la carne che noi lo raggiungiamo. I grandi teologi ce l’hanno spiegato: il primo peccato del diavolo è stata l’invidia, scaturita dal fatto di sapere che il Verbo si sarebbe incarnato. Satana è inorridito all’idea che Colui che era spirito, e dunque aveva una connivenza speciale con gli angeli come lui, potesse farsi carne, e che gli angeli, puri spiriti, avrebbero dovuto adorare la carne, una carne umana.


Lei distingue fra la fede come dono di Grazia, che gli uomini sperimentano, e la fede come perspicacia dell’intelligenza naturale, che attribuisce ai demoni. In cosa sono differenti?
Gli angeli, compresi quelli caduti, hanno un’intelligenza più sviluppata della nostra. A loro i segni dell’agire di Cristo e della Chiesa sono sufficienti per ammettere che c’è qualcosa che viene da Dio. Per quanto attiene alla fede come dono di Dio, la fede che opera attraverso la carità, questa passa attraverso motivi di credibilità, perché l’atto di fede non annulla la ragione, non è un salto nell’assurdo. Ma i motivi ragionevoli non sono sufficienti a costringere l’intelligenza umana alla fede. L’uomo entra in essa attraverso una sorta d’umiltà, di abbandono. Al cuore della fede come dono c’è un atto di amore: non c’è semplicemente l’intelligenza che riconosce un fatto oggettivo, come nel caso dei demoni, ma un’intelligenza che chiama in causa il cuore e implica un atto di volontà. La volontà pone un atto di adesione, di fiducia, in una sorta di penombra. La fiducia, come ogni atto di amore, non si colloca né in piena luce né nelle tenebre, ma in una penombra. Nel Credo noi non diciamo: «Credo che Dio è così e cosà, è onnipotente e creatore». Noi diciamo: «Credo in Dio». Ed è l’“in” del modo accusativo del latino: «Credo in unum Deum». Cioè c’è un movimento per andare verso. Invece i demoni dicono: «Credo Deum», credo Dio. Cioè c’è l’intelligenza ma manca il cuore. E siccome è una fede prodotto delle sole forze del soggetto, è automaticamente orgogliosa. Lo si è visto a Cafarnao: il diavolo dice «io so chi se Tu». La prima parola è “io”.

 

Oggi succede un fatto curioso: la maggioranza della gente non crede nel diavolo come realtà teologica, ma allo stesso tempo è sedotta e intimorita dall’immagine della sua potenza. Film e telefilm propongono in continuazione il tema delle forze malefiche soprannaturali, e tanti si rivolgono a maghi e guaritori convinti di essere vittime di spiriti malvagi. Perché questa contraddizione?
Perché quando si abbandona il giusto rapporto con una realtà, immediatamente si manifestano due errori opposti. L’umanità è entrata nel razionalismo, ma il razionalismo non soddisfa il cuore umano. Di conseguenza si produce una reazione uguale e contraria: l’invasione dell’irrazionale. Il razionalismo ha detto: il Mistero è irrazionale, nessun rapporto con esso è possibile. La conseguenza è stata una reazione che instaura un rapporto ossessivo e anarchico con le forze delle tenebre. E che riconosce la potenza del diavolo, ma non la sua intelligenza: lo raffigura folcloristicamente come un caprone, lo associa ai sacrifici di animali. Ma il diavolo agisce più attraverso la sua intelligenza che attraverso la forza, la sua specialità è provocare due o più derive opposte, è orchestrare quelle che Giovanni Paolo II ha chiamato “strutture di peccato”: peccati che non sono in rapporto con un’intenzione umana univoca, ma che si creano per l’opposizione di due o più parti. Pensiamo alla Spagna, dove la reazione alle stragi anticristiane è stato il fascismo e da lì tre anni di guerra civile. Pensiamo al trionfo del nulla in tivù: nessuno l’ha deciso a tavolino, eppure si ha l’impressione che qualcuno l’abbia orchestrato. Il fatto è che il diavolo distingue perfettamente l’errore dalla verità, e moltiplica coscientemente gli errori per giocarci. Noi invece, anche quando siamo nell’errore, crediamo di essere nella verità, e ci teniamo. Il diavolo non ci tiene, ed è per questo che è capace di manovrare e di creare strutture che ci spingono a commettere cose che vanno al di là delle nostre intenzioni coscienti.

Lei semina il dubbio anche riguardo a parole feticcio sia del cristianesimo che della modernità come “dono” e “amore”. Lei dice che donare è cosa buona solo a condizione che il dono non nuoccia a chi lo riceve, e che il valore dell’amore dipende dal valore di ciò che si ama. Dunque anche il dono e l’amore possono essere astuzie diaboliche?
A don Luigi Giussani veniva rimproverato di usare poco la parola “amore”, e lui rispondeva che nella nostra cultura era diventata una parola equivoca. Aveva ragione. Oggi viviamo in un’eresia dell’amore. Il primato dell’amore è un’invenzione cristiana, ma il diavolo distorce la cosa così: purché sia amore, tutto è legittimo. Se una donna si innamora di un boa constrictor e desidera sposarlo, fa bene, perché è amore. Nel nome dell’amore, si perde di vista l’oggettività dell’amore. Perché amare non è semplicemente avere dei sentimenti per l’altro, è anche volere il bene dell’altro. Quando amo io debbo chiedermi: “Qual è il bene per l’altro?”. Ciò che conta di più è questa oggettività.

E per quanto riguarda il dono?
Intorno al dono effettivamente si è installata tutta una retorica moderna, dovuta soprattutto alla realtà dell’economia capitalista, per cui il dono appare come un argine alla logica del mercato. Ora, non è il dono in quanto tale ad essere una cosa cattiva, ovviamente, ma la logica del “dono di sé”, perché al centro mette il “sé”. Il punto non è dare se stessi all’altro, il punto è il bene dell’altro. Non devo donare me stesso all’altro, devo ridonare l’altro a se stesso. E ciò implica il Bene. L’ha detto perfettamente Heidegger: «L’amore predispone uno spazio affinché l’altro possa donarsi all’altro, non solo a me che lo amo. E affinché possa essere se stesso, e non è se stesso se non nella sua relazione col bene». La seconda cosa che va sottolineata è che il dono non è mai principio in una creatura. Il proprio di una creatura è di ricevere prima di donare. La creatura non ha l’iniziativa del dono, ce l’ha il Creatore. Come si legge nella lettera di san Giacomo: «Dio ci ha amato per primo». Se si dimentica questo, il dono entra in una logica demoniaca. Il diavolo è uno che vuole dare senza dover ricevere. Accetta la natura con cui Dio l’ha creato, ma rifiuta la Grazia, perché vuole dare da se stesso, con le sue proprie forze. La sua è una posizione di ebrezza e di orgoglio: io non ricevo, io do da me stesso, senza bisogno della Grazia. Il peccato del diavolo e di quanti sono sotto la sua influenza è di voler fare il bene con le sole proprie forze e secondo i propri piani. Pensiamo ai totalitarismi: hanno cercato di dare all’umanità una società perfetta, ma a partire dai propri piani, senza considerare il carattere irriducibile dell’altro, la singolarità di ogni essere umano. Il totalitarismo consiste nel voler dare all’uomo tutto, ma a partire da una teoria, da un’ideologia, e dunque in maniera totalmente riduttiva e soffocante, come si è visto nella storia.

Lei considera due errori opposti di ispirazione diabolica anche la riduzione del cristianesimo a cristianità, cioè a istituzione secolare, e l’opzione di una Chiesa dei pochi e dei puri, che rinuncia programmaticamente a influire politicamente. Cosa bisognerebbe fare per non cadere nella duplice trappola?
Che i due errori siano diabolici si vede da una cosa: un cristianesimo politicamente realizzato cadrebbe nell’orgoglio di sé, così come il ripiegamento su di sé di una piccola Chiesa di gente pura che ha rinunciato al potere provocherebbe un settario orgoglio spirituale. E l’orgoglio, lo sappiamo, è un caratteristico peccato del diavolo. Nel primo caso, la riduzione del cristianesimo a istituzione secolare ci impedirebbe di donare veramente il nostro cuore, ridurrebbe il paradosso cristiano a slogan, trasformerebbe la vocazione a essere martiri in vocazione a essere signori. Nel secondo caso, l’accontentarci di una piccola Chiesa di puri farebbe di noi una setta che guarda la società dall’alto in basso con disprezzo, e che dimentica che Cristo non è venuto per i cristiani, ma per tutti gli uomini.

 

 Come sempre  Don Luigi, ci da delle belle dritte . Grazie.


……………………..”Si udì una voce dal cielo che disse a Mosè: Mosè, è la fine, il tempo della tua morte è venuto. Mosè disse a Dio: Ti supplico, non mi abbandonare nelle mani dell’angelo della morte. Ma Dio scese dall’alto dei cieli per prendere l’anima di Mosè e gli disse: Mosè, chiudi gli occhi e Mosè li chiuse; poi disse: Posa le mani sul petto e Mosè così fece; poi disse: Adesso accosta i piedi e Mosè li accostò. Allora Dio chiamò l’anima di Mosè dicendole: Figlia mia, ho fissato un tempo di 120 anni durante il quale tu abitassi nel corpo di Mosè. Ora è giunta la tua fine; parti, non tardare. E l’anima: Re del mondo, io amo il corpo puro e santo di Mosè e non voglio lasciarlo. Allora Dio baciò Mosè e prese la sua anima con un bacio della sua bocca, poi Dio pianse per la morte di Mosè.”
E’ da tempo che cercavo, questo brano della tradizione rabbinica, molto bello e che tocca la mia anima.

La Chiesa si ostina a proporla. Molti giovani non la capiscono. È ancora possibile spiegare le ragioni ed i vantaggi della castità prematrimoniale? Ecco che cosa dire. Anche a chi non crede.

Un giovane e una giovane si conoscono, si frequentano, si vogliono bene. Scoprono di desiderare una vita insieme e, magari, stabiliscono che un giorno diventeranno solennemente e pubblicamente marito e moglie.

Un periodo di tempo – più o meno lungo – li separa dal momento in cui, salvo ripensamenti, si uniranno in matrimonio. Come vivere questa particolarissima stagione della vita che è il fidanzamento? Secondo la mentalità corrente, nulla di più normale che quei giovani si comportino come se fossero già sposati.

Nell’insegnamento della Chiesa, invece, soltanto il matrimonio rende lecito il rapporto sessuale tra l’uomo e la donna. Si tratta di un conflitto acutissimo tra il senso comune dei contemporanei e il Magistero petrino; il divieto dei cosiddetti “rapporti prematrimoniali” rischia di risuonare sempre meno ascoltato e compreso, al punto da suscitare perfino nei pastori la tentazione allo scoraggiamento.

Non è raro ascoltare il “lamento” di qualche parroco: “Dissuadere i fidanzati dai rapporti prematrimoniali? Figuriamoci, inutile perfino parlarne, non ci capiscono”.

Che fare, dunque?

C’è un significato profondamente umano di questo insegnamento che, ininterrottamente e ostinatamente, la Chiesa affida agli uomini di ogni tempo. Bisogna aiutare le persone a riscoprire che non si tratta di un’impuntatura moralistica – “devi fare così perché devi, perché te lo dico io” – né di un sacrificio imposto ai fidanzati per il gusto di mortificarli, né di una prescrizione formalistica priva di qualsiasi giustificazione razionale.

Come sempre quando la Chiesa insegna una verità morale, la castità al di fuori del matrimonio ha un profondo significato antropologico: è proposta perché “fa bene” all’uomo, rispetta e promuove la sua più intima natura, lo aiuta a comprendere in profondità l’essenza del matrimonio.

Proveremo dunque a offrire alcuni argomenti “umani” che possano aiutare a riaprire gli occhi sulla bellezza di questa “fatica” richiesta ai fidanzati e a chiunque viva al di fuori del matrimonio. Un piccolo prontuario per ragionare sul fatto che il “bene” insegnato dal “Papa e dai preti”, alla fine, conviene. E che il sesso prematrimoniale è, in verità, “anti-matrimoniale”.

1. Una prima constatazione di buon senso: il sesso unisce. Crea cioè subito tra gli amanti un’unione affettiva, psichica, emotiva, intima e speciale che nessun’altra relazione è in grado di eguagliare. Il sesso produce un legame, poiché il corpo parla un linguaggio che va anche al di là delle intenzioni coscienti del partner. Ora, poiché questo legame nasce più o meno consapevolmente ogni volta, più partner sessuali si hanno più il legame con ognuno si fa più debole. Il sesso prematrimoniale aumenta drammaticamente le chance di divorzio.

2. Saper aspettare irrobustisce il legame coniugale, perché il rapporto sessuale diviene qualcosa che i coniugi hanno condiviso solo l’uno con l’altro, dopo averlo desiderato senza soddisfarlo per un certo periodo. Un tempo che li ha visti cimentarsi (e cementarsi) in un impegno che implica aiuto reciproco, buona volontà “incrociata”, crescita nella stima l’un per l’altro.

3. Il rapporto sessuale prematrimoniale determina un accecante “effetto valanga”, poiché è così affettivamente forte da annebbiare la scelta della persona. Il fidanzamento è tempo di verifica della scelta, tant’è vero che si può ancora ripensarci. Ebbene, se il rapporto lascia insoddisfatti, porta a concludere che i due sono “incompatibili”, mentre magari il matrimonio potrebbe dimostrare il contrario; se, viceversa, risulta soddisfacente, maschera effettive incompatibilità pronte ad esplodere dopo il matrimonio.

4. Esiste un nesso intrinseco fra il sesso e il rapporto stabile tra uomo e donna. Dunque è innaturale creare, attraverso il rapporto sessuale, un’intimità così forte per poi romperla. Ciò avverrà a prescindere dalle intenzioni delle persone: il significato oggettivo del sesso è infatti più importante – prevale – sul significato soggettivo. Il don Giovanni impenitente può credere soggettivamente che nessun rapporto è per lui realmente importante, ma non può evitare che ciascuno di quei rapporti lasci segni profondi nella struttura più intima della sua persona. C’è un fatto inequivocabile: l’effetto unitivo automatico del sesso.

5. A questo punto, un’obiezione classica consiste nell’ipotizzare che due ragazzi abbiano già deciso di sposarsi, e che solo un lasso temporale “organizzativo” (la casa, il lavoro, gli studi…) li separi dal matrimonio. Perché “rifiutarsi” quegli atti che, compiuti dopo le nozze, la Chiesa considera pienamente legittimi? L’errore del ragionamento sta nella premessa: anche in casi simili, il sesso avverrebbe al di fuori di una decisione di esclusività e permanenza. Soltanto il matrimonio è un punto di non ritorno che cambia la vita. Soltanto il patto matrimoniale è cosi forte e inclusivo – come scrive il filosofo Fulvio Di Blasi – da giustificare, cioè rendere giusta di fronte a Dio e agli uomini anche l’unione corporea. La castità prematrimoniale è il percorso propedeutico alla comprensione della vera essenza del matrimonio. Non si può capire l’indissolubilità matrimoniale se si rifiuta ottusamente il valore della continenza prima delle nozze.

6. I fidanzati non hanno “il diritto” a possedersi carnalmente per la semplice ragione che ancora non si appartengono. Il sesso fuori dal matrimonio è quindi una specie di furto. Né vale a dissipare la colpa la tesi del sesso come “prova d’amore”. L’amore non si prova. Ci si crede e lo si vive, responsabilmente. Provare una persona è ridurla a oggetto.

7. La convivenza “di fatto” è, in tal senso, l’abbaglio più clamoroso per le coppie moderne: infatti, esse pensano in questo modo di “provare” il matrimonio, mentre la convivenza è tutto fuorché una prova di matrimonio, poiché manca della responsabilità di una vita altrui per tutta la vita, che è tipica solo della promessa matrimoniale. Come scrivono Arturo Cattaneo, Paolo Pugni e Franca Malagò, c’è una bella differenza tra coniuge e compagno: l’uno – da cum e iugum – è colui con il quale divido il giogo; l’altro – da cum e panis – colui con il quale divido il pane. Un conto è condividere il pranzo – esperienza aperta ai più svariati incontri – e un conto è mettere in comune la sorte e tutto se stesso. L’amore dei conviventi è tutto tranne che libero; perché un amore libero da impegni è un controsenso.Il motto implicito di ogni convivenza è: “finché dura”.

8. Nonostante queste argomentazioni, resta oggi molto difficile convincere le persone che è meglio sforzarsi di aspettare la prima notte di nozze. Da un lato, gioca in senso contrario la pulsione degli istinti, che la modernità ha pensato di liquidare secondo le parole di Oscar Wilde: “L’unico modo di vincere le tentazioni è assecondarle”. Ma c’è poi un motivo più profondo: i fatti della legge morale sono molto più evidenti nel lungo periodo. Può darsi che ad alcune generazioni possa sfuggire una verità morale. Ma di fronte al lungo cammino della storia, la verità si impone: una società non casta è ricca di divorzi e povera di figli.

9. Che cosa dire ai giovani che abbiano fatto esperienza della caduta nel cammino verso il matrimonio? Di solito c’è una tacita convinzione – magari avallata dall’arrendevolezza degli educatori – secondo la quale non è possibile “invertire la rotta” una volta che due fidanzati vivano, sessualmente parlando, more uxorio: “oramai…”, quasi che esistessero persone sottratte alla potenza della grazia santificante per colpa di una scelta o di uno stile di vita sbagliato.

È dovere di ogni cattolico invece proporre la verità tutta intera anche a questi fratelli, trasmettendo loro la certezza della misericordia e del perdono di Dio, insieme alla robusta convinzione dell’efficacia degli strumenti che la Chiesa mette a disposizione per “fare nuova” la vita di ognuno.

Di fronte alla vertigine che oggi un giovane prova nel sentirsi proporre la castità matrimoniale, valgano sempre le parole così umane degli Apostoli di fronte alla “intransigenza” del loro Maestro: Dunque, chi potrà salvarsi? E la risposta di Gesù: Questo è impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è possibile (Mt 19,25-26).

Autore: Mario Palmaro
Fonte:
Il Timone.

Qualsiasi peccato l’uomo commetta, è fuori del suo corpo; ma chi si dà alla fornicazione, pecca contro il proprio corpo. O non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo che è in voi e che avete da Dio, e che non appartenete a voi stessi? (1 Cor 6, 18-19).

 

L’ASSUNTA:DALLA “PIENEZZA DI GRAZIA” ALLA PIENEZZA DI GLORIA ( Assunzione di Maria Vergine - 15 Agosto)In tempi di grave crisi per la Chiesa e per il mondo, le Campagne di Preghiera con il Rosario hanno cambiato il corso della storia umana. A partire dalla battaglia di Lepanto nel 1571 che salvò la fede Cattolica e la cultura in Europa, fino alla rivoluzione Filippina del 1986 che evitò  il possibile massacro di un gran numero di fedeli Cattolici, la potenza del Rosario pregato dalla comunità dei fedeli può veramente generare frutti di portata storica per la Chiesa e per l’umanità. Da Leone XIII a Benedetto XVI i papi degli ultimi due secoli hanno esortato i fedeli a pregare ogni giorno il Rosario per le grandi necessità dell’umanità. L’attuale condizione di crisi straordinaria per la Chiesa e per il mondo è a tutti nota: attacchi senza precedenti alla Chiesa sia dall’esterno che dal suo interno, e, in modo particolare, al Papato.; conflitti militari e/o terrorismo in ogni continente, sfacelo morale e familiare in proporzioni incalcolabili, milioni di persone …

… che muoiono di fame e di stenti, innumerevoli disastri naturali,  regimi comunisti e dittatoriali  che perseguitano i Cristiani ed altre tradizioni religiose, disastri ambientali senza uguali e oltre 40 milioni di aborti ogni anno.

Ma dove c’è un grande buio ci sono anche i segni di una grande luce che si sta avvicinando. Gesù, nella sua infinita misericordia cerca di rinnovare la terra con una nuova effusione dello Spirito Santo, realizzata attraverso l’intervento della nostra madre spirituale. L’ultimo rimedio per la situazione di pericolo di tutto il mondo è la diretta intercessione dal Cielo. Abbiamo un urgente bisogno della nostra Benedetta Madre che ci porta le grazie del Figlio e il rinnovamento dello Spirito.

E’ per questo motivo che ora diamo inizio a una Campagna di Preghiera col Rosario  a sostegno del quinto Dogma Mariano, che durerà un anno, per chiedere che il Santo Padre proclami solennemente che la Beata Vergine Maria è la Madre Spirituale di tutti i popoli, come Co-redentrice, Mediatrice di tutte le grazie e Avvocata.

Sebbene la maternità spirituale di Maria su tutta l’umanità costituisca già l’insegnamento ufficiale del Magistero della Chiesa, il solenne riconoscimento di questa verità da parte del nostro amato Papa, Benedetto XVI, permetterà  alla Vergine Maria, di esercitare pienamente e come  mai prima d’ora, la potenza datale da Dio di intercessione per i suoi figli,.nella attuale situazione  di gravissima crisi globale.

I titoli  della nostra Madre di Co-redentrice, Mediatrice di tutte le grazie ed Avvocata sono i suoi compiti per l’umanità. Quando essi saranno solennemente proclamati  dal Romano Pontefice, colui che ha le chiavi del Regno (cf. Mt.16, 15-20) allora e solo allora la Co-redentrice e Mediatrice di tutte le Grazie potrà intercedere per ottenere  le preannunciate grazie  di redenzione e pace promesse in luoghi come Fatima per dare così il decisivo inizio al Trionfo del suo Cuore totalmente Immacolato e a una conclusiva “era di pace”(cf messaggio di Fatima del 13 Luglio 1917) .

Per questo umilmente vi chiediamo, nel nome di la Nostra Signora, di unirvi a noi in questa campagna mondiale di Preghiera con il Rosario, a sostegno del 5° Dogma Mariano, che inizia il 15 Agosto 2010, anniversario del più recente Dogma Mariano  dell’Assunzione . Vi chiediamo di perseverare con noi per tutto l’anno pregando quotidianamente il Rosario per questo quinto e ultimo Dogma Mariano. Con questa Campagna di Preghiera con il Rosario, noi preghiamo intensamente chiedendo che il nostro amato Santo Padre, Papa Benedetto XVI, proclami presto che l’Immacolata Vergine Maria è veramente la Madre Spirituale di tutta l ’umanità, come dono dato a tutti noi dal nostro Salvatore Crocifisso che dalla Croce disse: “Ecco tua Madre” (Gv 19,27).

Oltre che con il Rosario quotidiano, vi invitiamo a pregare ogni giorno la Preghiera della Signora di tutti i Popoli, data dalla Vergine Maria per la proclamazione del 5° Dogma nelle apparizioni di Amsterdam approvate dalla chiesa (approvazione locale del 31 Maggio 2002).

Potete aggiungere la Preghiera sotto riportata per il quinto Dogma Mariano.

Preghiera della Signora di tutti i Popoli

Signore Gesù Cristo. Figlio del Padre, manda ora il tuo Spirito sella terra.

Fa abitare lo Spirito Santo  nel cuore di tutti i popoli, affinché siano preservati dalla corruzione, dalle calamità e dalla guerra.

Che la Signora di tutti i Popoli,
la Beata Vergine Maria,
sia la nostra Avvocata.
Amen

Preghiera per il Quinto Dogma Mariano

Signore Gesù Cristo fa che il mondo possa conoscere, con la solenne proclamazione da parte del tuo Vicario papale sulla terra, che tua Madre è veramente la nostra Madre, la Madre Spirituale di tutti i popoli.

Che Maria, Co-redentrice, Mediatrice di tutte le grazie e Avvocata possa intercedere per la vera pace nel mondo, e realizzare così il Trionfo del suo Cuore Immacolato. 

Che lo Spirito Santo, attraverso il Cuore Immacolato di Maria, possa infiammare la terra con una Nuova Pentecoste, che conduca a una nuova primavera di vita e amore per la Chiesa e per il mondo.

Amen.

 

LA  CHIESA E’ DI DIO . CHI STA’ NELLA CHIESA  NON E’ DIO, MA DEVE FARE LA VOLONTA’ DI DIO.
« La verità genera odio; per questo alcuni, per non incorrere nell’odio degli ascoltatori, velano la bocca con il manto del silenzio. Se predicassero la verità, come verità stessa esige e la divina Scrittura apertamente impone, essi incorrerebbero nell’odio delle persone mondane, che finirebbero per estrometterli dai loro ambienti. Ma siccome camminano secondo la mentalità dei mondani, temono di scandalizzarli, mentre non si deve mai venir meno alla verità, neppure a costo di scandalo » (TRATTO DAI SERMONI DI  S. ANTONIO DI PADOVA)

Non riesco a non collegare, alla figura di questo grande Santo,  il nostro  compianto  Padre Antonio Di Monda,  i cui  insegnamenti , ma sopratutto la sua vita sacerdotale è stata vissuta sempre in piena  sintonia con gli insegnamenti della Chiesa .

Pace e gioia . CARLOS

 

……….di buon mattino, da Ordenes   ci recavamo  in Santiago de Compostela,  e  giunti nella piazza adiacente alla  Cattedrale, ci mettevamo in fila, per varcare la porta Santa. Il frastuono della Piazza,  che andava riempiendosi  di pellegrini,  ed  il gruppo di amici, presenti  sembrava allontanarsi da me,  quanto più si avvicinava il momento tanto atteso . Quasi inconsapevolmente e " misteriosamente ", dal mio cuore si levava un invocazione a Dio, con la recita del Salmo 50 (51)  ” Pietà di me, o Dio, nel tuo amore; nella tua grande misericordia cancella la mia iniquità. Lavami tutto dalla mia colpa , dal mio peccato rendimi puro. Si, le mie iniquità io le riconosco, il mio peccato mi sta sempre dinanzi. Contro di te, contro di te solo ho peccato, quello che è male ai tuoi occhi, io l’ ho fatto: così seì giusto nella tua sentenza, sei retto nel giudizio ………… “. Si dal mio cuore, si levava   una  domanda a Dio, di non essere respinto dalla sua presenza e privato del dono della sua misericordia. Consapevole, della mia debolezza chiedevo,  umilmente di essere aiutato: “sostieni con me un spirito generoso”, e mentre questi pensieri pervadevano il mio animo, mi trovavo ad attraversare la “Porta Santa”, chiedendo altresì l’ indulgenza per  mio padre, i familiari, ed amici defunti. Pochi passi ancora, e mi trovavo a salire la piccola scala da cui si accede alla tomba dell’ Apostolo Giacomo il Maggiore. Il tempo e lo spazio sembravano essersi fermati, e nell’ abbracciare la statua del Santo, mi riaffioravano  tutte le intenzioni affidatemi, per il nostro don Luigi, dei tanti ammalati, e delle famiglie in difficoltà. Come sempre, mi accade nella visita a San Giacomo Apostolo,   il mio animo tremava, e le lacrime grondavano nei mieì occhi, e come una liberazione, una gioia ed una speranza nuova, saliva dal mio cuore, anche a causa, forse dell’ attesa tanto desiderata, di questo pellegrinaggio.  Non avreì più voluto staccare le braccia, dalla statua lignea di San Giacomo,  ma la realtà “ i pellegrini in fila “, mi facevano proseguire, a continuare la preghiera, sulla tomba dell’ Apostolo. Momenti  indimenticabili. All’ uscita mi avviavo con un nuovo animo, ad una nuova e ben nota “ porta della salvezza”, quella del confessionale…………(Pace e Gioia ) PS. Un grazie come sempre ai fratelli che mi hanno accompagnato Giuseppe, Dario, Gino, Margherita, Lina, Mauro, Luciano  e mia moglie Paola.